Umberto e Paolo Vedovato guidano l’azienda vicentina che dal 1996, unica in Italia, produce macchine da lavoro «specializzate». Li abbiamo incontrati per ricostruire con loro la storia di un’impresa nata con il contributo di esperienze ereditato dal padre Franco, un giovanotto di novant’anni che ha trasmesso loro la passione per lo sci di fondo in versione classica
Il prossimo passo è programmato per l’Interalpin di Innsbruck della prossima primavera: «Presenteremo il nuovo Sherpa, con il nome di una macchina che ha già fatto un pezzo della nostra storia e con contenuti evolutivi rispetto alla Superclass, a partire dal motore che sarà più potente passando da 85 a 135 CV». Nella sede dell’azienda, a Vicenza, i fratelli Umberto e Paolo Vedovato stanno parlando ovviamente delle motoslitte che producono con il marchio Alpina dal 1996. Ma con loro due, se si accenna a passi da fare si casca immediatamente nel mondo dello sci nordico, lo sport é l’ambiente dove tutto è cominciato e dove il passo fondamentale deve essere rigorosamente alternato, quello della tradizione storica che entrambi difendono con un intransigente rigore talebano («Lo sci nordico è il passo alternato e la sciolina di tenuta. Lo skating è un altro sport»). Lo sci di fondo è di casa in Provincia di Vicenza visto che Asiago è una delle mecche della specialità con la rete sterminata delle piste che si intrecciano sull’Altopiano dei Sette Comuni. Lo sci di fondo è di casa anche in casa Vedovato e adesso spiegheremo perché. La sede dell’Alpina è in Strada Pelosa, comodissima, subito fuori l’uscita autostradale di Vicenza Est. Si vedono ancora più campagne verdi che montagne ma come si entra e si comincia a raccontare si capisce «perché dovevamo chiamarci con questo nome, perché Alpina richiama la montagna e la storia della nostra famiglia». A cominciare dalla colonna portante, il padre Franco, classe di ferro 1931 «che sabato parte per farsi una settimana in un rifugio e che fino a tre anni fa saliva in cima all’Adamello a piedi». Nei suoi formidabili novant’anni il vicentino Franco Vedovato, unico figlio maschio di una famiglia di origine veneziana, ha fatto un sacco di cose dopo il Liceo: nella vita privata sposandosi con Carla («Nostra madre è morta nel 2016 a ottant’anni») e mettendo al mondo tre figli maschi («Guido, il nostro fratello maggiore, ha 59 anni e ha scelto tutta un’altra strada rispetto alla nostra»); nel lavoro occupandosi di questioni commerciali e di rappresentanza per diverse aziende; nello sport coltivando una passione totale per lo sci di fondo (lo skating era di là da venire…) che lo porterà a diventare oltre che un praticante di ottimo livello tecnico, vice presidente della FISI Veneta.
Quando la passione sportiva può inventare un lavoro
Ma dallo sport della sua vita, Franco Vedovato trae anche occasioni di lavoro, come quando tra gli anni Sessante e Settanta sviluppa nuove calzature da fondo come consulente della San Marco. E come quando nel 1969, tornando dalla Svezia dopo aver partecipato per la seconda o terza volta alla mitica Vasaloppet (la gara di massa nata nel 1921 per ricordare un episodio fondativo della storia svedese, 89 km tra le località di Sälen e Mora), decide di importare in Italia gli sci della marca svedese Sundins con cui partecipa per diversi anni al MIAS di Milano. E comunque sempre sulla neve, sui binari delle piste battute per la tecnica tradizionale del fondo (la «famigerata» tecnica del pattinaggio esplode nel 1982 con l’americano Bill Koch vincitore della Coppa del Mondo) papà Franco accumula conoscenze, esperienze, intuizioni accese dall’intelligenza e dalla passione mentre i suoi tre figli maschi crescono. Dopo Guido, il 27 gennaio 1964 era arrivato Umberto («Acquario, ma tu credi a questa storia dei segni?») e otto anni dopo, il 13 dicembre 1972, Paolo («Sagittario. Ma è importante sapere quando siamo nati?»). «Sono stato messo sugli sci a tre anni ad Asiago», ricorda Umberto, che ha fatto fondo agonistico a livello provinciale e un certo anno ha ottenuto anche un ottimo piazzamento in una 15 km di biathlon ai Campionati Sciistici delle Truppe Alpine («Ero alla Scuola Alpina di Aosta durante il militare») ma adesso «mi limito a fare un po’ di sci alpinismo». Paolo invece ammette che «ho fatto fondo ma non sono mai stato impegnato come loro due, però una volta mi sono tolto la siddisfazione di superare in salita uno che faceva skating con i miei sci da alternato e la sciolina di tenuta». In compenso, seguendo la traccia di papà Franco, nel 1996 i due si sono trovati d’accordo di buttarsi nell’impresa («Un salto nel buio – dice Paolo -. Io sono stato trascinato da lui» ), Umberto provenendo da una formazione di tecnico commerciale, Paolo arrivandoci come esperto di informatica e programmazione gestionale. Le tracce di papà Franco dicevano che a battere le piste c’erano dei problemi con le motoslitte dell’epoca. «Costruite per le pianure del Nord non si adattavano bene alle esigenze dell’orografia alpina – dice Umberto – Ne ricordo una in particolare, con un solo cingolo e senza sterzo, che si guidava con gli sci ai piedi standole a cavallo. Impossibile gestirla tra i nostri boschi». Franco ha infatti i primi contatti con i marchi svedesi Larven e Ockelbo che da lì in poi inizierà a distribuire sul territorio nazionale; si provano anche delle modifiche migliorative ma era impossibile spremere le qualità che i Vedovato volevano per le loro idee di manovrabilità del mezzo, di affidabilità e di efficienza sui nostri terreni. Quando si decide di far nascere Alpina nel 1996, ( «Siamo partiti in uno scantinato che neanche Bill Gates con il suo garage…») i due fratelli Vedovato arrivano da esperienze di lavoro diverse in campo commerciale che non avevano a che fare con la meccanica e la progettazione ma non tremavano perché a fianco di papà Franco «ne avevamo già viste di tutti i colori nel campo delle motoslitte e volevamo mettere a frutto tutte le esperienze che avevamo già acquisito»; ma anche perché, come dice Paolo con una citazione geniale «essere autodidatti non è una colpa ma casomai un merito: anche Jimi Hendrix non sapeva leggere la musica».
Appuntamento ad Interalpin per altre novità
«Siamo stati i primi a importare in Italia anche Lynx e Polaris», ricorda Paolo. Ma l’ambizione era soprattutto quella di produrre in proprio, con idee del tutto innovative nel settore delle motoslitte, macchine da lavoro di sicura affidabilità nelle condizioni più impegnative. L’esordio avviene con la prima Superclass dove ci sono già le componenti fondamentali della filosofia alpina. Le motoslitte vicentine devono essere manovrabili e solide, tenaci e inarrestabili come uno Sherpa, quei portatori d’alta quota nepalesi che hanno accompagnato e accompagnano sulle vette himalayane generazioni di occidentali. Si chiama infatti Sherpa la macchina Alpina che si presenta nel 2000 sul difficile mercato delle motoslitte con alcune soluzioni addirittura rivoluzionarie per il settore: motore catalizzato a 4 tempi che sfida il moloch della tradizione legata ai 2 tempi; struttura a bicingolo con due pattini davanti anziché uno. «Abbiamo pensato fin da subito ad un mercato specifico, quello del lavoro e non dello sport e del turismo e ci siamo applicati per trovare soluzioni specifiche». Con quella macchina si possono battere le piste per il fondo in situazioni di emergenza, con troppa o con poca neve quando i «gatti» più pesanti o sprofondano o non ci provano nemmeno; con i traini dedicati si può trasportare di tutto senza problemi, persone comprese. Alpina con Sherpa si fa conoscere nel mondo («Il 90% della nostra produzione va all’estero») con cui i due fratelli comunicano con l’inglese, il francese « e anche un po’ di tedesco».. I due fratelli studiano, verificano con accuratezza certosina i mezzi che i loro clienti gli affidano per una revisione per rilevare meccanismi e situazioni da migliorare, progettano e perfezionano senza lasciarsi prendere da altre tentazioni («Noi facciamo macchine per lavorare e basta. Siamo gli unici e per questo non a caso abbiamo conquistato anche la fiducia della FIS che ci ha inseriti tra i suoi fornitori»). Nel capannone di Vicenza la struttura aziendale è leggera: qui arrivano i pezzi per l’assemblaggio finale che Alpina ha commissionato a circa 100 fornitori (dal motore Peugeot a tutte le altre parti) sulla base di disegni e progetti elaborati in casa. Nel 2016 la nuova versione della Superclass nasce per affiancarsi allo Sherpa ma in termini di potenza e di prezzo più bassi e invece le innovazioni che i Vedovato ci mettono riescono addirittura a farla preferire in certi casi alla sorella maggiore «con nuove sospensioni, nuova trasmissione, nuovo telaio per una macchina nel complesso veloce e maneggevole». Ed ora eccoci al prossimo passo in avanti con il nuovo Sherpa da presentare al prossimo Interalpin, con quel motore maggiorato e chissà quali altre novità partorite dalla genialità e dall’esperienza dei due fratelli vicentini. Inutile dire che lo stile è quello classico e rigoroso dell’alternato. A fare skating sbattendo le gambe di qua e di là come le oche ci pensino altri.
Fonte: PROFESSIONE MONTAGNA
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